1. La presente legge stabilisce i princìpi fondamentali per la tutela dei lavoratori e delle lavoratrici contro la violenza morale o psichica nell'ambito dell'attività lavorativa e prevede in loro favore un adeguato sostegno psicologico.
2. Agli effetti delle disposizioni di cui alla presente legge per violenza morale o psichica nell'ambito dell'attività lavorativa s'intende qualsiasi atto, omissione o comportamento di violenza morale o psichica ripetuti nel tempo in modo sistematico o abituale, che provocano un degrado delle condizioni di lavoro tale da compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore o della lavoratrice.
3. Ai fini e per gli effetti della presente legge, si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni, fatte salve le disposizioni specifiche contenute nella presente legge.
1. La contrattazione collettiva nazionale può derogare alle disposizioni di cui alla presente legge solo in senso più favorevole al lavoratore e alla lavoratrice.
1. I datori di lavoro, pubblici e privati, unitamente alle rispettive rappresentanze sindacali, ove esistenti, sono tenuti ad
1. Dopo l'articolo 610 del codice penale è inserito il seguente:
«Art. 610-bis. - (Violenza morale e psichica sul luogo di lavoro). - Chiunque, nell'ambito dell'attività lavorativa, si renda responsabile di atti, omissioni o comportamenti di violenza morale o psichica, ripetuti nel tempo in modo sistematico o abituale, che provochino un degrado delle condizioni di lavoro tale da compromettere la salute o la professionalità o la dignità del lavoratore, è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a querela di parte, con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 10.000 euro a 30.000 euro».
1. Qualora sia stabilito che è stata danneggiata la salute fisica o psichica, ovvero entrambe, del lavoratore o della lavoratrice, si procede all'accertamento del danno e dell'esistenza del nesso di causalità tra i comportamenti di cui all'articolo 1, comma 2, posti in essere nell'ambito
1. A coloro che pongono in essere gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 1, comma 2, si applicano le misure previste con riferimento alla responsabilità disciplinare.
2. La medesima responsabilità di cui al comma 1 del presente articolo grava su chi consapevolmente denuncia gli atti e i comportamenti di cui all'articolo 1, comma 2, ancorché notoriamente inesistenti, al solo fine di trarne un qualsivoglia vantaggio.
1. Gli atti posti in essere dal datore di lavoro, nonché i provvedimenti assunti, nell'eventuale modifica delle mansioni, delle qualifiche o degli incarichi, ovvero i trasferimenti, riconducibili alle condotte di cui all'articolo 1, comma 2, sono annullabili a richiesta del lavoratore o della lavoratrice danneggiato.
2. Sono, altresì, annullabili le dimissioni presentate dal lavoratore o dalla lavoratrice in conseguenza delle condotte di cui all'articolo 1, comma 2, su istanza del medesimo lavoratore o lavoratrice.
1. Al fine di intervenire tempestivamente nella risoluzione del disagio denunciato dal lavoratore o dalla lavoratrice vittima delle condotte di cui all'articolo 1, comma 2, e di consentire una sua rapida ripresa psico-fisica, un primo intervento di sostegno psicologico può essere fornito dalle strutture competenti per territorio del Servizio sanitario nazionale.